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Balletto di Roma e Lo Schiaccianoci, uno spettacolo tra sogno e realtà

Lo Schiaccianoci

14 Gennaio 2014 | di Barbara Bracci, Marco Feliziani, Maurizia Marcoaldi | tusciamedia.com

La sera del 12 gennaio, sbirciando dalla grande tenda arancione che separa il botteghino dall’intimità della sala, si è scorta una particolare scenografia, moderna e surrealista, e non si è potuti che non rimanere piacevolmente “sconvolti” dalla facilità con cui la scenografia in questione si amalgamava con lo spazio futurista del teatro, il Lea Padovani di Montalto. Uno spazio che merita una visita, se non per la ricca offerta artistica, quantomeno per l’offerta architettonica, con lo spazio dinamico e asciutto che ricorda un certo Futurismo tutto italiano del primo Novecento.

La scenografia, che tanto colpisce, rappresenta un sogno, la dimensione onirica nella quale si muovono i protagonisti de “Lo Schiaccianoci” del Balletto di Roma. Clara (Azzurra Schena), Fritz (Amilcar Moret Gonzales) e lo Schiaccianoci (Andrè de La Roche) rappresentano la storia natalizia per eccellenza, raccontandola in una chiave moderna e leggermente, se non totalmente, surrealista.

La storia è quella di sempre: Clara riceve in regalo un soldatino, lo schiaccianoci, ma il fratello Fritz in preda a una crisi di gelosia finisce per rompere il nuovo compagno di giochi della bambina. Nella notte il soldatino si anima accompagnando la giovane Clara in una serie di avventure: dalla battaglia col re-Topo all’incontro con la Fata Confetto. Il tutto accompagnato dai brani memorabili e immortali di Cajkovskij.

E allora cosa c’è di diverso? Di diverso c’è la scenografia, i costumi, le coreografie e il sogno di Clara. L’elaborazione drammaturgica di Riccardo Reim e la rivisitazione delle coreografie – non ci stancheremo di ripeterlo – in chiave surrealista di Mario Piazza hanno reso un balletto classico per eccellenza una metafora odierna.

L’ingenua Clara vive in un mondo fittizio, che a ben vedere tanto fittizio non è, dove le giornate si passano in compagnia di tv o videogiochi, è l’alter ego della gioventù contemporanea: sradicata dall’infanzia viene gettata nella battaglia con i topi e lanciata nelle grinfie della Fata Confetto. Tra un incontro e una coreografia, Clara dovrà abituarsi a camminare con le sue gambe, consapevole che crescendo dovrà cavarsela in terreni ben più faticosi e a tratti macabri. Gli incubi di Clara si materializzano attraverso “passi a due” e “assoli” con creature ben lontane dal mondo favolistico e piuttosto vicine ai protagonisti di videogiochi di ultima generazione o ai beniamini dei più attuali cartoni animati; e così perfino la Fata Confetto, antonomasia di dolcezza e amabilità, finisce per diventare una pedina nel sogno apocalittico di Clara. Così, come una novella Alice, la protagonista si trova a dover vivere una delicata fase di passaggio, attraverso la guida e gli insegnamenti di immagini e trasmissioni fuorvianti, proprio quelle che a tutte le ore ci propinano i media e i programmi di intrattenimento.

Particolarmente espressivi tutti gli artisti presenti sul palco. Azzurra Schena è riuscita, attraverso mimica facciale e gestualità accentuata, a tratteggiare tante di quelle emozioni che solo un bambino può provare in maniera così forte: da birichina a capricciosa, da stupita a sconvolta, da svenevole a infatuata che crolla nelle braccia del principe. Un principe premuroso e un fratello complice quello interpretato, nel duplice ruolo, da Amilcar Moret Gonzales; una fanciullezza raccontata non con le parole, ma con il linguaggio del corpo. Uno Schiaccianoci poco “pupazzo”, ma molto vivo, e una Fata Confetto – in entrambi i ruoli Andrè de la Roche – così tanto caricaturale da lasciare indecisi sulle emozioni che lascia provare, tra il divertito e l’impaurito.

E in uno scenario così spaventosamente odierno; in un’epoca fatta di videogiochi violenti dove l’infanzia è pervasa da tanta cattiveria, qual è il ruolo degli adulti? Preservare l’ingenuità dei fanciulli, o aiutarli nell’affrontare l’immoralità dei tempi? Lo Schiaccianoci del Balletto di Roma propone uno scenario aspro, sciolto dal risveglio di Clara. Solo un sogno, il suo, non il mondo reale e tangibile che l’aspetta, in fondo è ancora così giovane e chissà cosa le riserverà il futuro. Di certo, alla conclusione del balletto, quello che il pubblico del Lea Padovani ha riservato agli interpreti è stato un lungo e prolungato applauso.

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