“Glitch: here we go again”: Angelica Fioravanti, danzatrice del C.A.P, racconta la sua esperienza

Manca poco al debutto di “Glitch: here we go again”, progetto ideato dal Network Anticorpi XL e realizzato in residenza a Balletto di Roma dalla coreografa Giselda Ranieri: originale riflessione sulla relazione tra gruppo e individuo, il brano andrà in scena a Ravenna, il 19 settembre, in occasione di Ammutinamenti Festival 2020. Ad interpretarlo, le danzatrici e i danzatori che attraversano il C.A.P. del Balletto di Roma e che vengono oggi coinvolti nelle attività della compagnia ampliandone l’organico: un’esperienza nuova che stimola gli interpreti a confrontare le individuali esperienze, incrociando sguardi, pensieri e visioni.
A parlarne, oggi, è Angelica Fioravanti, danzatrice del C.A.P. e protagonista, insieme a tre dei suoi colleghi, di “Glitch: here we go again”.

Angelica si è formata presso la Scuola del Balletto di Roma, dove ha frequentato l’intero percorso accademico in danza classica e tecniche contemporanee sotto la direzione di Paola Jorio. Romana, oggi ventitreenne, accompagna ad un’innata delicatezza interpretativa una rigorosa puntualità esecutiva, specchio di una personalità forte e appassionata. Da sempre, alle attività di danza (prima di formazione e ora professionali) affianca un assiduo impegno negli studi: da poco, ha infatti completato la prima parte del suo percorso universitario, conseguendo la laurea triennale in Economia. Doppio traguardo in un anno complesso che la vede tuttavia pronta ed entusiasta nell’affrontare le imminenti sfide professionali.
“Dopo aver completato gli studi accademici ho scelto, l’anno scorso, di continuare il mio percorso nello stesso Balletto di Roma per perfezionare la mia formazione e per avvicinarmi al mondo professionale della compagnia. – racconta Angelica – Sono stata selezionata dalla direzione artistica per far parte del C.A.P., una ponte tra accademia e lavoro, che garantisce l’acquisizione di ulteriori strumenti per crescere dal punto di vista tecnico, stilistico e interpretativo, coinvolgendoci in esperienze professionali di palcoscenico”.

Che tipo di esperienza è quella del C.A.P. e com’è relazionarsi con pratiche di studio/lavoro professionale, considerando anche la vicinanza di interpreti e coreografi del Balletto di Roma?

“Il lavoro che svolgiamo è certamente diverso da quello scolastico perché richiede un’attenzione ancora più puntuale, a livello fisico e mentale, per accogliere le molteplici informazioni che possono arrivare dai diversi artisti che guidano i laboratori. Penso ad esempio ad alcuni professionisti che hanno condiviso con noi la loro esperienza durante la scorsa stagione (prima dell’improvvisa interruzione a causa dell’emergenza sanitaria): Azzurra Schena, storica interprete della compagnia del Balletto di Roma, o Nyko Piscopo, performer e coreografo emergente sulla scena della danza contemporanea italiana; le indicazioni che ci hanno dato non riguardano determinati aspetti ‘tecnici’, ma tutta una serie di istruzioni, input legati alla performance, al movimento, alla presenza, all’interpretazione. Un lavoro che richiede velocità e apertura mentale per poter assorbire e mettere in pratica gli insegnamenti. È un percorso che ti espone a diversi stili e che ti stimola ad essere versatile, pronto ad ogni tipo di situazione creativa e ai linguaggi della danza contemporanea: quello che, del resto, viene oggi richiesto dal mondo professionale della danza”.

Stai partecipando in questi giorni alle prove della nuova creazione “Glitch: here we go again”: com’è stato l’incontro con la coreografa Giselda Ranieri?

“Durante il primo incontro ci siamo intrattenuti in una conversazione in cui noi danzatori abbiamo avuto la possibilità di farci conoscere parlando della nostra provenienza, del nostro percorso formativo e anche delle nostre caratteristiche caratteriali. È stato affascinante e in parte liberatorio perché la coreografa ci ha anche domandato qualcosa riguardo il recente periodo di quarantena: dai lati negativi a quelli positivi, dalle azioni che ci hanno accompagnato in quelle settimane ai momenti di sconforto, di ripresa o di cambiamento. Abbiamo scoperto in seguito che queste domande facevano già parte del processo creativo di ‘Glitch: here we go again’: è stato un interessante momento di scambio e di condivisione che ci ha permesso di incrociare le nostre esperienze e le nostre percezioni”.

Qual è il significato dell’espressione presente nel titolo?

“Il termine ‘glitch’ si riferisce a quell’’errore’ che possiamo vedere anche al televisore, quando per qualche attimo si interrompe l’immagine o il suono: in un certo senso richiama quello che è accaduto recentemente alle nostre vite, improvvisamente e imprevedibilmente ‘interrotte’. Il lavoro è in corso di creazione e stiamo sperimentando anche diversi brani musicali”.

Che tipo di lavoro state impostando in sala con Giselda Ranieri?

“Stiamo costruendo tutto pian piano: i primi tre giorni sono stati in forma di ‘laboratorio’, per mostrarle il nostro movimento e per acquisire il suo stesso linguaggio coreografico adattandolo ai nostri corpi. Per chi, come me, viene da un’impostazione classica e neoclassica, si tratta di un lavoro impegnativo ma entusiasmante perché mi mette di fronte ad una sfida interpretativa fatta anche di improvvisazione e di forme di movimento più frammentato; Giselda utilizza inoltre la voce e l’espressione del volto: azioni che, in un certo senso, mi stanno aiutando a scoprire nuovi lati della mia personalità.
Quello che mi ha colpito e che ho scoperto nel corso delle prove con Giselda, è il suo modo ‘delicato’ di stupire e di lasciare il segno, insieme all’assoluta precisione compositiva; nella sua costruzione coreografica è necessaria una grande attenzione da parte di tutti noi interpreti perché il brano si fonda sul perfetto incastro tra intenzione e ritmo dell’improvvisazione”.

Com’è stato tornare in sala studio dopo i mesi di lockdown?

“È stato stupendo. Siamo finalmente riusciti a tornare in sede lo scorso giugno: uno dei miei maestri mi faceva costantemente notare il sorriso ‘fisso’ sul mio volto. Stare in casa e muoversi in pochi metri quadrati, durante la quarantena, è stato difficile. In quelle settimane ho ovviamente seguito gli allenamenti online del Balletto di Roma, ma tornare finalmente nelle sale ampie della compagnia è stata una vera gioia: certo, continuiamo a rispettare determinate regole, con distanziamento e accortezza individuale, ma è comunque una bella ripartenza”.

È cambiato qualcosa nel tuo approccio alla danza?

“Mi sento molto cresciuta. Ne ho parlato anche con la coreografa Giselda: in qualche modo, la quarantena mi ha fatto maturare, a livello personale e forse anche dal punto di vista della danza, perché ho avuto modo di approfondire alcuni aspetti del mio movimento. Da altri punti di vista è stato limitante perché la danza non può essere ridotta al solo esercizio fisico, è un’arte che ha bisogno del confronto – con i maestri, i coreografi e il pubblico – è espressione di sé, immaginazione, sperimentazione, fatica, dedizione. Tutto questo mi è mancato molto negli scorsi mesi”.

Hai da poco concluso il percorso di studi universitari, conseguendo la laurea triennale in Economia. Com’è stato conciliare danza e studio?

“È stato indubbiamente impegnativo seguire le due cose contemporaneamente e ha richiesto molta organizzazione: a volte mi sono ritrovata a dover studiare la notte per poter dedicare il giorno agli allenamenti e alle prove di danza. Tuttavia, come in ogni cosa, se c’è la volontà e si rinuncia a qualcosa, si può certamente conciliare tutto e bene. La mia grande passione resta in ogni caso la danza ed è in questa attività che cerco di incanalare, nel modo migliore possibile, le mie energie”.