Il 18 settembre, alle ore 20:00 negli spazi del Pastificio Cerere, alcuni allievi della Scuola del Balletto di Roma, provenienti da diversi percorsi formativi, hanno preso parte all’evento “Forma Faber”, realizzato in collaborazione con la RUFA – Rome University of Fine Arts, insieme ai giovani designer del terzo anno, studenti del corso di fashion design sostenibile, esito della sinergia tra i dipartimenti di Fashion Design, Scenografia e Multimedia and Game Art.
I danzatori del Balletto di Roma, guidati dal coreografo Valerio Longo, hanno trasformato una tradizionale sfilata di moda in una vera esperienza performativa unica. Attraverso il linguaggio della danza, hanno dato anima e corpo ai costumi realizzati dai giovani artisti, trasformandoli in segni vivi di un racconto corale della città di Roma. Un connubio di capi inediti, installazioni multimediali, realtà aumentata, scenografie immersive e un fashion book interattivo, ha dialogato con i movimenti dei danzatori, creando un’atmosfera carica di energia e coinvolgimento.
Ripercorrendo il processo creativo intrapreso con i danzatori, Valerio Longo ha raccontato:
“Abitare l’abito” è il principio attorno al quale si è sviluppato il nostro lavoro. L’idea è quella di vivere il costume non solo come forma o colore, ma come esperienza corporea ed emotiva. Il movimento diventa così strumento di amplificazione della personalità dell’abito, capace di instaurare una connessione profonda e sensibile con la sua sostanza. In questo modo, indossare un costume si trasforma in un atto creativo, capace di condurre lo spettatore verso una visione nuova, sospesa tra reale e immaginario. Inoltre, il tema dell’energia rappresenta un aspetto fondamentale: ogni abito richiede un dispendio energetico specifico per essere interpretato e messo in movimento. Questo principio è stato presente come altri “al centro” nella mia ricerca personale, volta a indagare il rapporto tra corpo e costume a partire da questa prospettiva. Un percorso che si è connesso con il lavoro sul tema dell’ecosostenibilità e del consumo energetico, ampliando così la riflessione sull’impatto ecologico e sul significato di quello che io chiamo “abitare l’abito”.