Il danzatore e coreografo James Florendo è una delle voci emergenti più interessanti della scena urban contemporanea. In questa intervista racconta il suo percorso artistico: dagli inizi da autodidatta alle collaborazioni con grandi artisti, fino a progetti con il Balletto di Roma, tra identità coreografica, visione e contaminazione.
James, parlami di te
Prima dei miei 17 anni ho studiato danza da autodidatta, poi ho iniziato ad approfondire i miei studi anche se avevo già cominciato a coreografare guardando moltissimi video. Insegno da quando avevo circa 24/25 anni. Ho cominciato tardi, è vero, ma ho lavorato tanto, dedicandomi con impegno a molte cose. Ho avuto l’opportunità di lavorare come ballerino e coreografo per artisti come Alessandra Amoroso, per Aka 7even e per Mr. Rain, ma ho sempre preferito la parte coreografica a quella da ballerino, perché mi permetteva di esprimere al meglio ciò che avevo dentro. Piano piano, grazie a varie opportunità e residenze, sono arrivato a portare in scena i miei lavori a progetti come “Effetto Domino”.
Qual è stata la tua formazione dopo lo studio autonomo?
La mia formazione è iniziata alla “Bounce Factory” dove ho studiato per tre anni hip-hop, contemporaneo e molti altri stili, approfondendo in particolare il contemporaneo e, in modo specifico, la teoria di Laban. Ho cercato di amalgamare le sue teorie degli Effort, ovvero peso, flusso, spazio e tempo, con la mia sinfonia di danza. Questi quattro elementi labaniani li ho utilizzati anche nel progetto “Dislocazioni” ideato e realizzato dal Balletto di Roma, conclusosi in questi giorni.
Com’è andata la settimana di lavoro con “Dislocazioni”?
Ho voluto portare una conversazione, il semplice scambio tra due persone, come quando si chiede “stai bene?” oppure “ti va di ballare?”. Questo è stato il fulcro principale, la parola conversazione, che trovo più intima rispetto a dialogo, che invece ha un tono più formale. Durante la settimana, sono stato affiancato da Andrea Longo, un mio caro allievo che ha 24 anni, che sarà presente tra i docenti del corso di avviamento professionale “Grow” al Balletto di Roma.
Parlami del progetto “Grow” del Balletto di Roma
L’esperienza che intraprenderemo io e Andrea Alemanno con il corso di avviamento professionale “Grow” urban al Balletto di Roma è molto diverso rispetto agli altri percorsi fatti insieme. Sono felice di farne parte, anche per la qualità degli insegnanti coinvolti: sono molto competenti e ciò implica tanta volontà di voler lavorare. La cosa bella è che si svolgerà di mattina, quindi apre la giornata. Quello che voglio portare è la mia essenza, raccontare e parlare di una storia tramite il movimento, lavorando su input coreografici e comunicando anche solo con un gesto.
Qual è il tuo rapporto con Andrea Alemanno?
Conosco Alemanno da quando ho iniziato a danzare, mi ha visto crescere. È sempre stato al mio fianco, poi ovviamente abbiamo avuto anche impegni differenti ma siamo comunque riusciti a connetterci con tanti, tanti progetti come il citato “Effetto Domino”. Di recente mi ha dato la possibilità di esibirmi al “World of dance Italy” con Flaminia Genoese e Shaun Evaristo.
Qual è stata la tua svolta coreografica?
La mia svolta è arrivata proprio con “Effetto Domino”, quando mi è stata data l’opportunità di presentare una mia coreografia. Ciò che a me piace tanto è creare un insieme di cose per poi mischiarle, una pura “contaminazione”, diciamo un collegamento tra tutte le arti; io ho utilizzato l’arte visiva, ovvero la moda, l’arte sonora, ovvero la musica che ho composto insieme ad Andrea Alemanno, e la danza, utilizzando anche le proiezioni cercando di dare il tutto e per tutto. La coreografia si chiama “One for All”, che riprende il gioco di parole che dicevamo da bambini, uno per tutti, tutti per uno.
Questa “essenza” di cui parli, cosa rappresenta per te e per ciò che vuoi trasmettere ai tuoi allievi?
Rappresenta tutto quello che io ho creato da quando ho scelto di intraprendere questo percorso, ovvero trasmettere qualcosa a qualcuno in maniera più grande e diversa. Ciò che riporto nelle mie coreografie è il racconto di una storia, che si leghi all’arte visiva, sonora e alla danza, ma pur sempre con una logica.
Intervista a cura di Silvia Mucci
Scopri di più visitando il sito del progetto “Grow”
Visita la pagina del progetto “Dislocazioni”