Intervista a Marcello Giovani, nuova figura emergente al Balletto di Roma

In vista dello spettacolo di fine anno, Marcello Giovani, giovane danzatore e coreografo, ci racconta il suo percorso formativo al Balletto di Roma: dagli studi iniziali, al Corso di Avviamento Professionale (CAP), fino all’ingresso nella Compagnia e al ruolo di coreografo del saggio, in un’intervista che ripercorre le tappe principali della sua crescita artistica.

 

Marcello, parlaci della tua formazione.

Il mio percorso qui al Balletto di Roma è iniziato nel 2016 dai corsi accademici, studiavo principalmente classico. Il primo saggio è stato molto importante per me perché da quel momento ho capito il mio vero potenziale e cosa avrei voluto fare nella vita. Vengo dall’Abruzzo e mi sono trasferito qui a Roma all’età di 16 anni. All’inizio non è stato facile allontanarmi dalla famiglia, sono molto emotivo e sensibile, però piano piano ho superato la fase del distacco. Ci sono stati problemi durante la mia crescita, causata da due infortuni ad entrambi i piedi, ho pensato di mollare nei momenti di debolezza però ho ragionato, è troppo presto per lasciare. Nel 2019 ho ricominciato e ho avuto tante opportunità fino a che c’è stata la prima scelta in cui sono stato coinvolto, nel 2020 per la tournée in Cina con la Compagnia. Io facevo ancora parte della scuola, ma a causa della pandemia non siamo potuti partire e abbiamo rimandato successivamente.

Quando sei entrato nel Corso di Avviamento Professionale?

I miei due anni di CAP li ho fatti nel 2020/2021. Nel 2021 ho fatto il mio primo spettacolo con la Compagnia sempre come studente del CAP, sottoforma di apprendista, intitolato Piccolo Re dei Fiori. È stata una bellissima esperienza. 

In che anno sei entrato nella Compagnia?

Dopo questa bellissima esperienza in cui sono stato protagonista, sono entrato nella Compagnia intorno il 2022 e il 2023 con Giulietta e Romeo nel ruolo di Paride e come primo approccio sul palco è stato molto emozionante. Nella produzione che andrà in scena successivamente interpreterò il padre di Giulietta.

In quali altri produzioni hai lavorato?

Ho lavorato in Il Lago dei Cigni, Ovvero il Canto, Lo Schiaccianoci sempre come solista, C’era una volta Cenerentola, Première che ritengo molto affine al mio stile e Otello.

Com’è stato il tuo percorso partendo dalla scuola, CAP fino ad arrivare alla Compagnia? D’altronde è l’obiettivo del Corso di Avviamento professionale.

Diciamo che è stato un passaggio molto fluido, come se questa cosa abbia preso forma a piccole dosi, in maniera molto graduale, tutto in crescendo, grazie agli insegnanti e alle occasioni che mi hanno dato che ho cercato di sfruttare al meglio per arrivare ai risultati. Ora siamo in scena con Otello, ed interpreterò Roderigo. 

Quali sono le tue qualità di danzatore?

Credo che alcune delle mie qualità siano l’espressività, l’interpretazione e la versatilità. I punti su cui ho sempre lavorato e su cui sto ancora lavorando per migliorare sono la tecnica classica, l’aspetto fisico e la qualità di movimento. Sono molto pignolo con me stesso, anche con gli altri nelle mie coreografie, ma tendo ad essere più tranquillo con i danzatori.

Parlami della differenza di come ti approcci in sala da ballerino, rispetto a quando sei nelle vesti di coreografo.

Sicuramente l’approccio è molto simile, sia quando mi trovo ad eseguire che quando mi trovo a costruire qualcosa di mio, do il 100 % come persona e come coreografo. Cerco di dare e prendere il massimo, mi impegno tantissimo e desidero che i ragazzi facciano altrettanto, sono molto esigente. Invece dal punto di vista emotivo, essendo un grande estimatore dell’interpretazione, ai ragazzi chiedo tanto da quel punto di vista. Per quanto riguarda l’aspetto fisico, conoscendo il mio corpo e le mie difficoltà, sono molto più aperto ad una diversità fisica e di movimento, cerco di mettere a proprio agio il ballerino in base alle possibilità che ha.

Cosa cerchi di lavorare con i danzatori?

Cerco nelle coreografie di far uscire la personalità di ogni danzatore, come vogliono loro. Io do degli input e linee guida in base a ciò che vorrei, e poi in base a come loro riescono a darmeli io li accolgo e li utilizzo. Anche per quanto riguarda i costumi, io adoro utilizzarli tutti diversi nelle mie coreografie.

Parlami della tua mansione da coreografo.

Sto seguendo quattro coreografie per lo spettacolo di fine anno della Scuola: una per i bambini più piccoli del primo e secondo propedeutica e il primo e secondo corso, bimbi dai 7 ai 12 anni. Un’altra per intermedio due e tre e avanzamento quattro e cinque, loro dai 12 ai 15 anni. Sto seguendo un gruppo misto di ragazzi scelti da me per una coreografia più matura, un prodotto in cui ritengo ci sia il 100% di me stesso rispetto ai 2 precedenti che sono adattati al tipo di corso e preparazione. L’ultima coreografia che sto preparando è per la Scuola del Balletto di Roma Kids di Fiano Romano.

Qual è stato il tuo primo approccio coreografico?

Il mio primo approccio l’ho avuto nel periodo covid, verso marzo 2021, periodo in cui non potevamo partecipare alle lezioni in presenza. Poco prima ho deciso di fare delle coreografie con il mio corso CAP, inserendo tutti nella mia Bella Addormentata. Matteo Carratoni mi ha permesso di fare delle riprese grazie anche all’aiuto di Simone Manzato. Le coreografie sono state visionate anche dalla direttrice Francesca Magnini, Luciano Carratoni e Matteo, e mi hanno proposto di portarle allo spettacolo finale “virtuale” del 2020/2021. Successivamente mi hanno inserito anche all’interno del progetto Inside Out e a Natale ho avuto un mio laboratorio dove ho proposto una versione particolare del Lo Schiaccianoci a modo cabaret. Un altro progetto a cui ho lavorato, “Engage”, ho creato la maggior parte delle coreografie di gruppo, per lo spettacolo finale al Teatro Olimpico, sulla musica di Tosca “il terzo fuochista” che poi è stata riconfermata in tutte le serate dello spettacolo della Scuola.

Che sensazioni ritrovi nel sentirti gratificato come coreografo e come danzatore?

È una domanda che mi sono posto poco tempo fa, vedere una tua coreografia in scena è come veder ballare un figlio. Io amo ballare, mi sento gratificato e vorrei farlo ancora per tanti anni, però, quando ho visto i ragazzi danzare una mia creazione, dalla musica, ai costumi e ai passi, è stato meraviglioso, lo vedo nel mio futuro. 

Da cosa ti lasci ispirare per la creazione coreografica?

Una cosa che mi piace molto per cui ringrazio la mia famiglia è che siamo stati molto elastici e aperti su tutte le informazioni che ci vengono date, banalmente può ispirarmi un film, una musica o una situazione. Ritengo sia un modo di pensare che mi è stato trasmesso dalla famiglia. Tutto ciò che mi circonda è uno stimolo creativo, anche la mia vita, infatti, la coreografia che porteremo al saggio con il gruppo misto si chiamerà “Pandemonio”, ed è una metafora del caos mentale creato dai pensieri negativi, che cercano di sopprimere la parte buona che c’è e che cerco di far emergere, attraverso una modalità coreografica che utilizzo spesso e che ritengo sia “allegra” e “solare”, anche quando ci sono temi più cupi come questo.

 

Il testo è prodotto da Silvia Mucci, tirocinante presso il Balletto di Roma.