In occasione della prima nazionale di Otello del 21 maggio al Teatro Regio di Parma, Roberta De Simone, danzatrice del Balletto di Roma, interpreta il ruolo di Desdemona, uno dei quattro protagonisti della storia. Ricordiamo che Otello, firmato dal coreografo Fabrizio Monteverde e parte del repertorio del Balletto di Roma, è stato nel 2015 riallestito per il corpo di ballo del Teatro San Carlo di Napoli presso il Teatro di Corte, con la partecipazione straordinaria di Anbeta Toromani, nel ruolo di Desdemona, e Josè Perez in quello di Otello. Quest’ultimo era già apprezzato per la sua interpretazione nello stesso ruolo nel 2009 con il Balletto di Roma, un’esperienza che si ripete con Roberta De Simone nel 2016 e che ci racconterà nell’intervista. Oltre alla sua attività scenica, la danzatrice racconta il suo lavoro come maître e assistente della Compagnia, figura di riferimento fondamentale per la produzione.
Roberta, parlaci di te e della tua formazione.
Sono di Roma e ho iniziato danza all’età di dieci anni. Ho studiato inizialmente ad una scuola di danza privata, che mi ha dato le basi della tecnica classica, migliorando poi nella scuola del Teatro dell’Opera di Roma. All’Opera ho iniziato il percorso dal quinto corso fino all’ottavo, diplomandomi nel 2009, e nello stesso anno il direttore artistico Walter Zappolini, in contatto con la Signora Jorio, aveva chiesto se ci fosse un’allieva disponibile per la Compagnia del Balletto di Roma. Quindi ad ottobre del 2009 sono entrata in Compagnia e il mio primo debutto con loro è stato Cenerentola, come corpo di ballo, e in parallelo portavamo in tournée Otello, avevo 19 anni.
In quante produzioni hai lavorato e quali sono?
Praticamente ho fatto quasi tutte le produzioni, oltre 800 spettacoli e coreografie firmate da Fabrizio Monteverde come Giulietta e Romeo, Bolero e Cenerentola. Ho preso parte anche a The Arena Love, creazione di Michele Pogliani, e a Contemporary Tango, così come a Futura, firmata da Milena Zullo. Sotto la direzione di Paolo Mangiola, ho danzato in We/Part e Fem. Nel 2015 Monteverde mi affida il ruolo di Odette ne Il Lago dei Cigni, ovvero il Canto e l’anno successivo interpreto Desdemona in Otello, sempre di Monteverde. Negli anni lavoro in Giselle di Itamar Serussi e Chris Haring, Turning di Alessandro Sciarroni, e Arcaico di Davide Bombana. Nel 2020 in Io, Don Chisciotte, con regia e coreografia di Monteverde, e partecipo anche a Première di Andrea Costanzo Martini. Debutto al Teatro Vincenzo Bellini di Catania con DiNcAnTo, Passi di danza sull’opera belliniana, spettacolo in coproduzione con l’orchestra del Teatro Vittorio Emanuele di Messina e coreografie di Massimiliano Volpini. Diciamo che il mio percorso inizia lavorando in produzioni già esistenti, come nel caso di Otello nel 2009, e sono presente in ogni produzione fino ad oggi.
A proposito di Otello, parlaci del tuo ruolo nella produzione del 2009.
Io intorno alla fine del 2009 ho lavorato Otello come corpo di ballo. Ricordo che il maître del momento era Sarah Taylor e mi ha aiutato tantissimo, ha visto subito le mie capacità. Al Teatro dell’Opera in quei tempi non si studiava la tecnica contemporanea, solo classica; inoltre, avevo studiato solamente jazz nella scuola privata. Al Balletto di Roma, con la Compagnia, non si danzava strettamente la tecnica contemporanea ma il neoclassico. Quindi, mi diedero dei dvd dove imparare ed apprendere questa nuova tecnica, perché c’era poco tempo ed entrando all’inizio di ottobre dovevo essere pronta per il mio primo debutto a fine ottobre con Cenerentola. Quindi Sarah, per pura formazione, mi disse di guardare i ruoli solistici ed imparare il ruolo di Emilia in Otello, per praticare. Io sono stata molto fortunata perché ho lavorato con ballerini della Compagnia più grandi di me, un gruppo storico, e ricordo Marco Bellone, Claudia Vecchi, di formazione scaligera, in Desdemona, Azzurra Schena in Emilia e Dino Amante.
Ricordi un aneddoto?
Io ogni volta durante le prove o spettacoli guardavo i ballerini e chiedevo sempre a Claudia Vecchi: “Come fai ad avere la responsabilità del primo ruolo?” e lei mi disse “Guarda, è una cosa che piano piano con la maturità ti rendi conto di riuscire a gestire”. Adesso io me lo ripeto molte volte perché mi ritrovo al posto suo in Desdemona, ma anche in altre situazioni.
Parlami della prima di Otello.
La prima volta che ho interpretato Desdemona è stata nel 2016 a Pescara, quando la mia collega Claudia Vecchi ha smesso di danzare. Mi hanno affidato il suo ruolo anche perché nella Compagnia tra quelli che c’erano, a livello di figura estetica ed esperienza, pensavano che fossi la più adatta. Inoltre, ho anche debuttato nel ruolo di Desdemona con Jose Perez nel 2016.
Qual è stato il tuo primo ruolo in assoluto?
È stato Odette nel Lago dei Cigni, ovvero il Canto, di Fabrizio Monteverde, dalla sua creazione.
Qual è il tuo ruolo all’interno della produzione di Otello di questo anno (2025)?
In Otello interpreto Desdemona, uno dei personaggi principali insieme ad Emilia, Jago e Otello. Sono la moglie di Otello, un moro di Venezia, condottiero, che rappresenta l’emblema dell’amore fedele e dell’amore per eccellenza. Desdemona è una donna talmente innamorata che non vede il male, il pericolo, quello che porterà all’epilogo tragico della storia.
Qual è stato il tuo ruolo, oltre ad interpretare Desdemona, all’interno della produzione?
In questa produzione nello specifico danzo esclusivamente, della messinscena se ne occupa Azzurra Schena, la mia collega e maître della Compagnia. Per alcune situazioni può capitare di dividerci il lavoro, poiché avendo già fatto parte anche del corpo di ballo di Otello, a volte mi sono occupata di aiutare un po’ i ragazzi.
Quando hai cominciato a fare il maître?
La prima produzione da maître è stata con Andrea Costanzo Martini in “Intro”, con quattro uomini, ho cominciato a fare qualche lezione con la scuola e ho riscoperto la passione nell’insegnamento. Successivamente al rientro dalla pandemia ho iniziato a seguire il percorso formativo del CAP gestito dal maestro Longo e sono diventata la sua “assistente” in sala per il Corso di Avviamento Professionale, e ho capito il suo modo di lavorare. Infatti, quando abbiamo lavorato sulla produzione “Astor”, una sua coreografia, l’ho affiancato come maître.
In quanto ruolo di maître, quali strategie si adottano per assicurare coerenza tra l’intento creativo del coreografo e il lavoro svolto durante le prove?
Si cerca di riferire il più possibile tutto quello che il coreografo ha la necessità di vedere, cerchiamo di trasferirlo ai danzatori rimanendo nei limiti della coreografia. La personalità del singolo danzatore può venire fuori fino ad un certo punto, perché tutto deve essere canalizzato verso quello che è l’obiettivo del coreografo.
Qual è il tuo rapporto con i danzatori? Ti occupi anche della loro preparazione o solo della parte coreografica?
Di solito capita di occuparmi anche della loro preparazione, del riscaldamento e della lezione, capita anche in tournée perché in alcuni spettacoli ballo e faccio l’assistente, ad esempio, Première di Andrea Costanzo Martini e Astor di Valerio Longo.
Qual è, secondo te, la qualità più importante per chi lavora nel tuo ruolo?
Secondo me bisogna avere sia un equilibrio tra le necessità dei danzatori che saper tener ferma la coerenza lavorativa e professionale, della danza ma anche dell’obiettivo del coreografo. Non essendo un lavoro facile avendo a che fare con tante persone, nonostante lavoriamo con il corpo, anche la mente si stanca spesso; quindi, possono capitare varie situazioni in cui c’è il bisogno di equilibrare gli animi.
Ti occupi anche delle scelte del cast artistico?
Dipende dalle situazioni, più che occuparmi mi confronto e posso dare la mia soprattutto nelle produzioni che seguo come assistente.
Riesci anche ad avere previsioni future delle scelte del cast artistico?
In realtà si, se uno sa cosa deve fare e lo stile da portare in scena, più o meno si riesce a identificare la persona e anche il risultato che ti darà la stessa persona. Ci sono state situazioni in cui mi sono resa conto di persone che mi hanno stupito in modo positivo e negativo. Nella maggior parte dei casi, sia io che Azzurra, riusciamo a prevedere le persone che si adattano meglio al tipo di lavoro che dobbiamo eseguire.
Che rapporto hai con la tua collega Azzurra Schena?
Noi ci conosciamo da 15 anni, dal mio percorso iniziale con la Compagnia nel 2009, come raccontavo prima, in Otello e Cenerentola. La cosa importante nella collaborazione è avere gli stessi punti di vista. Noi abbiamo una visione comune, vediamo le cose alla stessa maniera ed è molto importante, anche in situazioni con più difficoltà dove ci sono scelte da fare, se tu sai che hai una persona che la pensa allo stesso modo tuo, è un supporto in tutti i sensi ed è efficace. Ci sono anche situazioni in cui la pensiamo diversamente però per l’obiettivo lavorativo abbiamo la stessa visione, abbiamo lavorato tantissimo insieme. Lei cerca di portare avanti il principio e lo spirito della Compagnia.
Qual è il ruolo più difficile da coreografare e ti è mai capitato di suggerire modifiche o adattamenti durante il processo creativo?
Adattamenti no in realtà, non li ho mai proposti. Forse ciò che è più difficile da fare come danzatrice, in cui mi rivedo anche io, è il fatto di interpretare lo stesso ruolo in cui interpretavo da giovane, è una cosa che ho vissuto anche con Il Lago dei Cigni, ovvero Il Canto, il corpo e la mente cambiano e affrontare un balletto in cui hai già interpretato in età diversa è un po’ particolare come cosa poiché hai delle aspettative che puoi in parte superare, ma allo stesso tempo sei diverso e ti senti diverso. Tornando alla domanda, forse la cosa più complessa effettivamente è riuscire a dare tutti i dettagli che il coreografo vuole vedere, rimanere fedele all’idea coreografica e avere la responsabilità di trasmetterla.
Il testo è prodotto da Silvia Mucci, tirocinante presso il Balletto di Roma.