Danzare la performance. Il racconto di “Stare in piedi / Cadere” con Ada D’Adamo e Fabio Novembrini.

Ideato da Anna Lea Antolini, Danzare la Performance è un trittico di incontri pratico-teorici che propongono ad un pubblico non necessariamente addetto ai lavori un viaggio all’interno del mondo della danza in cui il gesto quotidiano trasforma il proprio significato in funzione della performance. Lo scorso sabato 8 ottobre 2016, nella Sala Guido Reni del MAXXI, la studiosa Ada D’Adamo e il danzatore del Balletto di Roma Fabio Novembrini hanno guidato gli spettatori lungo un percorso sulla sostanziale importanza di azioni semplici come lo “stare in piedi” e il “cadere” trasferendole dalla quotidianità all’atto d’arte.

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Si può sconfiggere la forza di gravità? Gran parte della danza si è sempre posta come obiettivo il superamento della forza di gravità, un costante desiderio di ascensionalità reso manifesto in maniera differente all’interno delle varie espressioni artistiche. D’Adamo e Novembrini hanno spiegato al pubblico del MAXXI come il binomio verticalità/orizzontalità trovi luogo nella realtà della performance ma anche nella figura metaforica della poesia e del linguaggio stesso.

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Mentre Ada D’Adamo ha illustrato i passaggi fondamentali della storia della danza che hanno visto il gesto quotidiano sempre presente nei suoi continui sviluppi e significati, Fabio Novembrini ha coinvolto il pubblico attraverso l’azione, sviluppando una breve legazione che vedeva il corpo in posizione neutrale, nella posizione base del balletto classico-accademico e del “dopo”, quello che segue l’accademismo e che ne rifiuta le regole. Come emblema di questo passaggio, Novembrini ha citato uno dei primi artisti di inizio Novecento fuori dal coro, Vaslav Nijinsky, scegliendo proprio la posizione deformata, en dedans, che caratterizza il suo Sacre du printemps.

I due esperti hanno scelto varie citazioni che toccano gli ambiti dell’arte, dalla poesia al teatro, dalla performance alla scultura, dalla fotografia alla lotta per i diritti sociali, fino alle più recenti ricerche che analizzano la potenziale forza del corpo solitario sulla scena: partendo da Rainer Maria Rilke, che ci parla di come si possa “cadere felicemente” abbandonandosi alla forza di gravità, fino alle più comuni espressioni del linguaggio quotidiano che dimostrano come noi stessi pensiamo la felicità in ascesa, per esempio dicendo: ”Sono talmente felice che mi sento ad un metro da terra”, passando per Hubert Godard secondo il quale stare in piedi è il personale modo di “stare al mondo”, il nostro primo atto espressivo e la prima manifestazione del nostro carattere.

Ada D’Adamo e Fabio Novembrini arrivano a farci riflettere su uno degli aspetti che più frequentemente subiamo della forza di gravità, senza esserne neanche consapevoli, semplicemente riconoscendo le persone care dal suono dei loro passi. La forza di gravità non è solamente quella legge che ci fa stare in piedi o ci fa cadere, ma è sottesa a gran parte delle manifestazioni della vita e della realtà: e non è proprio dalla vita stessa che parte l’arte?

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La ricerca di verticalità e il superamento dei limiti imposti dalla forza di gravità sono stati al centro di ogni espressione artistica, tentativi rintracciabili nel balletto, dall’uso delle scarpette da punta al continuo sviluppo di salti e prese. Quest’idea è evidente anche nelle tecniche successive al balletto, dalla post-modern dance fino ad oggi, un Novecento in cui il corpo viene lasciato totalmente solo al centro della performance, come soggetto significante e oggetto significativo, un corpo che indaga lo spazio e che soprattutto invita il pubblico a partecipare a questa esperienza di scoperta. Un corpo solo, immobile, doppiamente nudo.

D’altra parte anche la caduta, largamente presente nelle sue diverse manifestazioni all’interno del mondo dell’arte, contiene delle accezioni metaforiche che ne delineano i differenti significati. Nel linguaggio comune il termine “cadere” ha solitamente un’accezione negativa, come “cadere in disgrazia” o “in basso”; ci sono però alcuni artisti che hanno fatto del “cadere” la loro soluzione poetica: Doris Humphrey, fra i tanti, sosteneva che la caduta fosse la liberazione del corpo dalla morte verticale, ponendosi in netto contrasto col mondo del balletto classico. All’interno di quest’ultimo la caduta non è quasi mai contemplata, se non come conclusione di un momento topico drammatico, come ad esempio la morte di Giselle.

Un percorso formativo, un’esperienza di studio attivo e passivo, una gamma di sguardi infiniti ci sono stati mostrati in maniera esaustiva da Ada D’Adamo e Fabio Novembrini partendo da una semplice domanda: gesti quotidiani, come stare in piedi o cadere, possono essere il centro dell’atto stesso dell’arte? La risposta è indubbiamente affermativa.
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“Un’esperienza stimolante che nasce dall’incontro fra teoria e pratica” così Fabio Novembrini ha descritto il lavoro con la studiosa Ada D’Adamo. “È sorprendente scoprire come un gesto quotidiano possa significare tanto all’interno dello spettacolo. Costruire questo progetto con una figura come Ada D’Adamo con un’esperienza così ampia mi ha dato modo di riflettere sul senso stesso dell’atto performativo”. Il danzatore racconta come il processo che ha guidato la perfomance sia nato da una serie di incontri che hanno portato i due a creare insieme l’indagine sul gesto quotidiano. La proposta di avvicinare alla danza un pubblico nuovo ha reso il tutto più interessante: “Pensare che il gesto quotidiano possa essere un atto performativo mi incuriosisce e far conoscere la danza e il museo attraverso l’incontro fra due atti abituali, in un percorso dalla teoria alla pratica, dona ai partecipanti una diversa memoria corporea in direzione di una nuova consapevolezza”.

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Il Balletto di Roma esce dal teatro ed entra nei musei: secondo Fabio Novembrini “lavorare in uno spazio differente dona maggiore ispirazione al progetto e la proposta di unire pubblici diversi rende tutto più stimolante. In un periodo così critico per l’arte credo che la collaborazione, l’unione e l’interazione siano principi fondamentali per fare il nostro lavoro, inoltre soffermarsi a riflettere sul senso di quello che stiamo facendo credo sia, per noi professionisti, estremamente formativo”. Già inserito nel progetto di ricerca europeo “Dancing Museums”, Fabio Novembrini continua a far tesoro di queste esperienze, promuovendo l’apertura della danza e cogliendo queste occasioni come proposte formative per se stesso e per il pubblico.

I prossimi appuntamenti:
Camminare / Correre, 22 ottobre 2016 h. 18:00-20:00
Saltare / Girare, 29 ottobre 2016 h. 18:00-20:00