Giselle, o la libertà che guida il popolo

Giovedì Giselle raddoppia e sceglie come secondo giorno di pubblicazione il TutuTuesday: il martedì è dedicato al tutù sui social, e noi sul blog lo dedichiamo a Giselle, che in questo articolo di Sergio Trombetta sembra avere, più che un tutù, una veste che ricorda la Marianne di Delacroix…

giselle-gelacroix-liberta-che-guida-il-popolo Possiamo considerare “Giselle” figlia della Rivoluzione di Luglio? Nelle giornate del 27, 28 e 29 luglio Parigi assiste al rovesciamento di Carlo X ultimo dei Borboni: gli succede Luigi Filippo d’Orléans il primo “Re dei Francesi”, e le idee rivoluzionarie, democratiche, socialiste, liberali ne escono rinforzate. Mentre Delacroix dipinge la “Libertà che guida il popolo”, dieci anni dopo sulle scene dell’Opéra debutta Giselle. Insieme al neoclassicismo se ne vanno così in soffitta i valori dell’aristocrazia; insieme ai temi ossianici, romantici, con l’attenzione alla Ballerina e con la nuova tecnica di danza sulle punte, salgono alla ribalta i valori borghesi. Dopo la “Silfide” e gli altri balletti romantici, con “Giselle” un modo nuovo di sentire e un tipo nuovo di spettacolo borghese abbandona definitivamente i teatri popolari per andare alla conquista della scena più importante di Parigi.

Ovviamente Giselle non è soltanto l’affermazione di un tema “politico”, c’è molto di più. Ma certamente la contrapposizione è chiara: da una parte la povera contadina Giselle, dall’altra il nobile e traditore Albrecht. Ancora una volta la classe dominante ha la meglio e fa valere le sue ragioni: Giselle alla scoperta del tradimento impazzisce e muore; ma nella vita ultraterrena, il suo amore la porta a perdonare e a riconciliarsi con l’amato che prende coscienza di se e dei propri errori. Una politica di riconciliazione? Una pace sociale raggiunta? Una lettura “democratica” del balletto sarà la ragione per cui Giselle conquista la giovane critica russa di quegli anni a Mosca e Pietroburgo.

La danza romantica si guadagna le simpatie delle forze progressiste, mentre appena 30 anni dopo tornerà ad essere lo spettacolo dell’aristocrazia e dei circoli imperiali par excellence.
E fra silfidi, elfi ed esseri boschivi, le Villi occupano un posto speciale nella mitologia pagana slava e balcanica in particolare, come già sottolineava nel suo saggio si Giselle Serge Lifar. È curioso come il tema della Villi, creatura vendicativa che incute timore ritorni, per esempio, molto addomesticata, nel 1905, nell’operetta “La Vedova allegra”, là dove, durante la festa Pontevedrina, che risuona di accenti balcanici, Hanna Glawari intona la famosissima aria “Vilja”

Or della patria una canzon
Noi intonar insiem dobbiam
di quella fata che, si sa,
La fata Vilja noi chiamiam.
Un di tra le rocce una ninfa vivea
un bel cacciatore di lontan la vedea
la ninfa egli allora si mise a guardar
e subito il cuor cominciò a palpitar
[…]
Vilja, o Vilja o ninfa gentil
ti dono il cuor,
e tu dammi il tuo amor,
Vilja, o Vilja che vuoi far di me?
languo d’amore per te.

Sergio Trombetta
Balletto di Roma – giugno 2016