MediaeSipario.it, 23.03.2017 – Giulietta e Romeo

Giulietta e Romeo non al balcone, ma sulle punte del Balletto di Roma

Liberamente ispirato alla tragedia di William Shakespeare, con un nuovo allestimento il Balletto di Roma riporta in scena uno dei suoi più acclamati successi

RACCONTO VISIVO – Il sipario (del Teatro Lea Padovani di Montalto di Castro – Viterbo) si apre su un muro grigio e trascurato, simbolo (evidente) di una devastazione recente.

Per chi non ha letto le note di regia è decisamente spiazzante ritrovarsi ad assistere alla versione danzata della celebre tragedia di William Shakespeare e non trovare l’ambientazione classica che richiami la città di Verona. La sensazione diventa ancora più straniante guardando gli abiti dei ballerini che, invece delle sfarzose vesti rinascimentali, indossano costumi che ricordano gli anni ’50 e ’60 del XX secolo. La vicenda dei due giovani amanti è stata spostata dalla città del nord ad un paese del meridione, simbolo di ogni possibile “sud”, oppresso da tradizioni e regole che si miscelano agli originali sentimenti contrastanti, espressi dal drammaturgo inglese: odio e amore, bellezza e ferocia.
Nella messa in scena del coreografo e regista Fabrizio Monteverde (autore anche delle scene) la celebre vicenda degli innamorati veronesi viene raccontata con un occhio cinematografico, che sembra – visivamente – ricordare la celebre trasposizione filmata di Jerome Robbins e Robert Wise, su musiche di Leonard Bernstein (“West Side Story”, 1961).
La trama della storia è nota, i personaggi sono facilmente individuabili, l’appartenenza alle due famiglie rivali è resa attraverso i colori diversi dei vestiti delle donne. L’occhio dello spettatore si concentra solo sugli accurati movimenti della Compagnia. E sono proprio le donne a farla da padrone, in questa versione.

Il corpo di ballo del Balletto di Roma, sulle note meravigliose di Sergej Prokofiev e seguendo il testo originale, consegna al pubblico un elogio al femminile, dichiarato sfacciatamente già dal titolo che inverte (giustamente!) i nomi dei due protagonisti. Un matriarcato di cui muovono i fili della trama le due madri, personaggi meno caratterizzati nel dramma shakespeariano, che qui acquistano spessore, covano e alimentano l’odio tra le famiglie, seminano discordia, istigano alla vendetta, detengono il “malsano” potere.
Soprattutto Madonna Montecchi, l’autoritaria madre di Romeo, una finta paralitica sulla sedia a rotelle. I suoi parenti la spingono da un lato all’altro della scena, apparentemente senza senso, se non quello di farla essere costantemente al centro della vicenda. Anche l’eterea Giulietta appare fin da subito determinata, è lei che sceglie Romeo, è lei che non vuole aspettare – al balcone e sospirando – la comparsa dell’innamorato, ma, sospesa tra due pareti, si cala coraggiosamente incontro al suo adolescente innamorato e al tragico destino che li attende. Il quadro che balla con Romeo è di una bellezza struggente, sensualmente elegante e raffinato.

Le scene corali sono di uguale maestria e creano delle immagini patinate e coinvolgenti. Bellissimo e intenso il quadro finale, quando si aprono le nicchie che rivelano i corpi illuminati di Mercuzio e Tebaldo. Peccato che – come succede troppo spesso alle rappresentazioni teatrali italiane – manchi l’orchestra a costruire e completare l’efficace impatto visivo con uno audio di medesimo valore. Il Balletto di Roma conferma ancora una volta (e come le precedenti senza mai averne bisogno) la solidità del proprio impianto narrativo, permettendosi rappresentazioni volutamente essenziali che ne rispecchiano la vocazione ad indagare le storie e le emozioni in forma ancora più profonda e complessa. Poi sicuramente, in questo specifico spettacolo, ci sono Shakespeare e Prokofiev (anche senza orchestra) a metterci del loro!

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Stefania Ioime – 23 aprile 2017